Una riflessione della dott.ssa Daria Vettori, psicologa e formatrice, sul progetto Reti di Famiglie accoglienti.

daria vettoriQuando mi è stato chiesto di scrivere un piccolo contributo su “Reti di famiglie” mi sono chiesta che cosa poter dire per riuscire a comunicare il valore profondo di un’esperienza come questa.

Ho quindi deciso di raccontarvi il mio incontro personale con questo progetto.

Un incontro, un’unione di intenti.

Ho avuto modo di conoscere Reti di famiglie nel momento in cui Alberto Battini  (responsabile di progetto per l’Unione delle Terre d’Argine) mi ha chiamato, raccontandomi di che cosa si trattava e chiedendomi di immaginare un intervento da fare nel corso delle serate di presentazione, finalizzato a sensibilizzare le persone al valore del sostegno tra famiglie e alla potenza delle reti e dei gruppi. Alberto sapeva di chiedermi qualcosa che mi toccava profondamente non solo per il mio impegno nel mondo dell'accoglienza, oramai ventennale, ma anche per il fatto che, per chi lavora come me in questo ambito, vi è la consapevolezza che la dimensione del gruppo è una conditio sine qua non.

La condivisione e il sostegno reciproco, fra persone che vivono questo tipo di esperienze, non è “facoltativa”, ma fondamentale.

Alzare lo sguardo, per non lasciare nessuno indietro.

Dunque, circa 2 anni fa, mi sono trovata a pensare come poter in pochi minuti, sollecitare persone arrivate anche un po’ per caso, a mettersi in gioco, in una esperienza che cambia la vita. Volevo dire qualcosa di non banale e interessante, nella speranza di far innamorare qualcun altro, come me, di questo progetto.

L'idea era quella di mostrare insieme la naturalità del prendersi cura degli altri e nello stesso tempo il fascino della sua complessità. Di aiutare anche a comprendere come sia sufficiente “alzare lo sguardo” per accorgersi che, oggi, nella nostra città, nel nostro quartiere, nel nostro palazzo, nella scuola dei nostri figli, nella parrocchia o nella società sportiva che frequentiamo, possano esserci dei bisogni che prima erano invisibili ai nostri occhi. Persone, famiglie nella necessità di essere viste nella loro solitudine e nelle loro fatiche.

LA RETE: un contenitore morbido e avvolgente.

La cosa più importante, però, era sollecitare i partecipanti a comprendere che tutto questo può sembrare, ai giorni nostri, impossibile, una vera follia, viste le fatiche della quotidianità, mentre può diventare non solo possibile, ma profondamente nutritivo, se sperimentato facendo parte di un gruppo. La parola RETE in questo senso è perfetta, in quanto non rimanda solo all'idea del web come interconnessioni e link, ma anche ad un “intreccio di fili” che, forse, non impedisce di cadere, ma che in qualche modo sostiene e attutisce i colpi. Come la rete che sta sotto gli acrobati, i quali pur facendo eleganti, ma complicati volteggi, possono rischiare perché in caso di caduta, saranno dolcemente accolti da un contenitore morbido e avvolgente.

Un bilancio, cercando di uscire dalla pandemia.

Ecco. Da quelle serate sono trascorsi due anni.

Due anni incredibilmente difficili per il nostro sofferente e confuso mondo. È arrivato il Covid che ci ha scombussolato e costretto a ridefinire il nostro modo di relazionarci, costringendoci al remoto e alle distanze forzate. Una situazione che non ha di certo migliorato le condizioni di chi già viveva nel disagio e nella solitudine. In questi due anni il progetto già controcorrente, è partito direi “controvento”, ma nonostante questo alcuni gruppi territoriali (Carpi, Novi, Campogalliano) sono nati, destreggiandosi tra un lockdown e l'altro. Usando i mezzi possibili e facendo di necessita virtù. Gruppi di volontari che nel frattempo si sono formati, si sono messi in gioco e in ascolto dei bisogni dei loro territori. Hanno creato legami, dando spazio alla creatività. Così sono partite le prime esperienze di affiancamento, vissute in prima persona da alcuni volontari, ma condivise in modo empatico da tutto il gruppo disposto a mettere il proprio pensiero e sostegno.

Esprimere l’accoglienza.

Qualche giorno fa ho incontrato alcuni di questi volontari per un momento di formazione condivisa con gli operatori del territorio per conoscersi e far incontrare linguaggi, tempi e modi differenti. Durante questo momento ho chiesto alle persone presenti di pensare a una parola associata a questa loro esperienza.

Ed ecco che cosa è uscito: SPERANZA ATTIVA, COMUNITÀ, BENE COMUNE, TEMPO, SI PUÒ FARE, RECIPROCITÀ, IMPEGNO, SCOMODITÀ BUONA, BELLEZZA DEL DONARSI, STUPORE, CREATIVITÀ. Parole che dicono tutto, che raccontano tutto. Parole in qualche modo rivoluzionarie, di questi tempi.

Ancor più interessanti, poi, le parole di chi questo progetto lo ha incontrato come operatore (Assistenti sociali, educatori, psicologi): rasserenamento, disponibilità, sollievo, gratuità, oppurtunità, ventata di aria fresca, fiducia…

Parole che non hanno bisogno di essere commentate, ma credo ci restituiscano nel concreto che cosa significhi oggi, nel 2021, un progetto come quello delle Reti di Famiglie.

 

Info e Contatti

Associazione Reti di Famiglie Accoglienti Aps info@retidifamiglie.it – C.F. 90052870368

Sede nell’Unione delle Terre d’Argine: Via San Bernardino Realino, 9 Carpi (MO)

Sede nell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico: Via D. Ferrari, 45/1 Maranello (MO)

Sede nel Comune di Modena: Via Stringa, 55 Modena

 

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